La complessità insita nei versi di Cabianca è motivata
da una ricca e composita visione del mondo lirico legato
soprattutto alle problematiche temporee, in tutte le
direzioni, fino a stratificare con dei tocchi sapienti il
presente sul passato, anche arcaico, anche primordiale.
In questo coinvolgimento si formano e si animano i più
diversificati richiami afferenti all'uomo, dalla sua
derivazione ai giorni nostri. Si assiste così al suo
passaggio attraverso la temperie mitica, la favola e la
leggenda, la storia e l'antistoria, l'urgenza e la casualità,
fino al raggiungimento di una condizione oggettivata alla
realtà naturale, più pagana che cristiana, niente affatto
fideistica o pietistica.
C'è in Cabianca un ritorno alla atmosfera virgiliana, alla
contemplazione di campi, montagne, colline, alberi,
piante, fiori, il riandare schietto e non retorico a paesi,
borghi e casolari, ricuperati integri dalla memoria, a
stagioni ridenti o rattristate, a infanzie verginali, a
paradisi perduti. C'è altresì un bisogno di vivere,
soprattutto di amare, senza inganni e ipocrisie, di amare
donne, cose, o divinità, fa lo stesso; c'è una necessità di
fuoco, di acqua, di neve, di vento, di luce, di chiarità in
tutti i sensi, quale espressione delle stagioni sorte dalla
terra e dall'aria, in stretto rapporto con le stagioni umane.
Nota critica di Attilio Carminati